Forse la gratitudine sta passando di moda. Non se ne sente parlare, non è insegnata nelle scuole, non appare sui giornali e neppure – figurarsi!- nei social, sempre più pieni di finte immagini di esseri vuoti.

Invece credo che sia – anche nel lavoro – una di quelle abitudini che possono cambiarti la vita.

Cominciamo, visto che sta sparendo dai vocabolari, con le basi.

l’enciclopedia Treccani on line la definisce come “Sentimento e disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare (è sinonino di riconoscenza, ma può indicare un sentimento più intimo e cordiale)”

La fa derivare – e su questo alzo la mani – dal latino tardo  “gratitudo –dĭnis,” derivato  di gratus «grato, riconoscente».

Forse – ma è una mia idea, senza alcuna prova e senza alcuna ricerca, ha la radice di GRAZIA, perchè è molto potente:

La persona grata ha una consapevolezza alta degli altri, e quindi di se

Per provare gratitudine devi per forza di cose essere attento a ciò che ti accade. Per essere grato di una cosa che ti succede non puoi esser distratto, non puoi essere superficiale, e devi essere impegnato (in inglese suona molto meglio, ingaggiato) con la vita che stai vivendo.

La gratitudine è segno di grande forza. Non solo d’animo.

Per riconoscere e sopratutto accettare il bene che deriva da un’altra persona devi essere forte, saldo e sicuro di te. Se sei insicuro, il solo accorgerti che una persona sta facendo qualcosa di bene per te rischia di metterti sull’attenti, ed allora scatta la diffidenza (una vera e propria arma di difesa) e poi, poiché le persone deboli sono incapaci di sostenere a lungo una posizione di sconfort, i meccanismi di negazione della realtà, per costruirti una tua visione in cui il gesto non è dovuto, volto, utile, etc. etc.

La gratitudine costruisce vincoli eterni

Tranne rari (e molto spesso giustificati) casi, la gratitudine è un cemento che costruisce vincoli fortissimi tra persone: basti pensare ai rapporti familiari, tra genitori e figli ad esempio…molto più forte e stringente del vincolo di sangue, il riconoscimento del bene ricevuto è capace di saldature incorruttibili.

La gratitudine spinge allo scambio in abbondanza

Se c’è un motivatore efficace nel mondo del business, quello è proprio la riconoscenza verso un aiuto o un gesto, magari in un momento di difficoltà.

La gratitudine fa bene alla salute

Mostrare gratitudine comporta numerosi benefici per il nostro benessere psicologico ed emotivo. Diversi studi hanno infatti dimostrato che provare gratitudine:

  • Riduce i livelli di stress, ansia e tristezza, donando una maggiore serenità interiore;
  • Incrementa l’energia e le emozioni positive, migliorando l’umore;
  • Aumenta l’autostima, poiché rende consapevoli delle proprie risorse e delle cose buone che si è in grado di fare per sé stessi e per gli altri;
  • Aiuta a sentirsi più felici, creando un atteggiamento mentale positivo verso il mondo circostante.

Coltivare la gratitudine può anche rafforzare la capacità di sperimentare questo sentimento a livello neuronale, rendendo più semplice e naturale essere grati in futuro.

Perchè non è per tutti reale?

Perchè al mondo non esistono solo i grandi uomini, ma anche (tante) persone meschine, misere, grette che non hanno il nerbo di sostenere la gratitudine, di riconoscerla e comportarsi di conseguenza.

La riconoscenza richiede per se stessa il riconoscimento di dipendere o di essere dipesi da altri, e questa dipendenza è agli occhi del misero una debolezza piuttosto che lo stimolo a “sdebitarsi” in abbondanza.

Il meschino prende e non dice grazie: approfitta della mano e non riconosce la persone che l’ha tesa, perchè questo chiamerebbe l’azione, costringerebbe al miglioramento di se stessi per essere all’altezza dell’aiuto prima e per sdebitarsi poi.

Azioni elevate, di cui il misero è incapace.

L’universo però riconosce

La gratitudine è un grande indicatore della nobiltà d’animo di una persona. Ed il livello di questa nobiltà si misura dal livello di gratitudine: parlata, dimostrata, sdebitata. Come la nobiltà d’animo: millantata, vissuta, contagiosa.

Non sempre è evidente. Ma l’Universo, il Mistero, il Caso (insomma qualsiasi sia il suo nome) riconosce, nonostante il meschino non lo faccia. E ripaga, esattamente con la stessa moneta e con la stessa intensità, l’abbondanza (o meno) della riconoscenza.

E per questo, oltre che per soddisfazione personale, che preferisco di gran lunga fare lo sforzo di riconoscere il bene che ricevo ed impegnarmi per ripagare in abbondanza: solo così – ne sono certo – l’Universo non mi chiederà pegno ed anzi mi renderà tutto lo sforzo fatto con gli interessi. Come sta avvenendo.

Forse per questo il nobile d’animo è sempre più forte, ed il meschino sempre più meschino.